venerdì 4 novembre 2016

La Diagnostica Scientifica



Attraverso una diagnostica scientifica si esce dall'incertezza dell'opinione
Avete capito?

La Scienza è semplicemente un modo diverso per nominare la curiosità dell'uomo di fronte alla natura. Natura che è riuscito a capire in parte e per questo è riuscito ad utilizzare a suo piacimento (pensate anche solo al fuoco).
Ora, grazie alla scienza, possiamo prevedere. Prevedere e prevenire.
Prevenire tramite la diagnostica.
Noi che siamo Diagnosti (manco esiste sta parola!) dei Beni Culturali possiamo prevenire molti danni, ma chi lo sa che esistiamo? Chi?
La maggior parte di voi quando sente "Tecnologie per i beni culturali" subito chiede se ho studiato storia dell'arte! Ma allora la parola "Tecnologie" cosa ci sta a fare lì?
Tecnologia = capacità dell'uomo di costruire utensili atti a risolvere dei problemi.
Hai un problema di datazione? Usa la tecnologia! Non che mi vai a guardare la pennellata dell'artista fatta all'ingiù o l'utilizzo dei colori in un quadro o la firma fatta nell'angolino che pende verso sinistra!
Devi prevenire? Studia l'ecosistema, studia ciò che circonda il soggetto e il soggetto stesso! Ma studia con i mezzi tecnologici adeguati!

La rabbia che non mi ha fatto venire questo terremoto!
E nessuno che ringrazia i geologi che hanno permesso di salvare delle vite umane! Secondo voi com'è possibile che con una scossa come quella, una tra le più potenti degli ultimi n-mila anni, nessuno e ripeto nessuno sia morto? Secondo voi è magia?
Manco un ringraziamento! Ma manco ai volontari, vigili del fuoco e chiunque stia aiutando le persone colpite si dice questa magnifica parolina di sei parole tanto potente: grazie. Lo dico io: "Vi ringrazio per l'aiuto che state dando!"

Io ho smesso di ascoltare i telegiornali. Se sento una notizia, estrapolo solo ciò che può essere il fatto nudo e crudo e poi di tutte le speculazioni che ci fanno intorno e con cui certe persone ci guadagnano pure me ne faccio un baffo!

Che rabbia!
Che rabbia!

mercoledì 2 novembre 2016

Che luogo può rappresentare?

Si trovò dinnanzi ad un bivio e scelse di andare a sinistra.
Una via era stretta, scura, i palazzi grigi, senza fronzoli, solo cemento e vetro. La luce che filtrava era poca. Se si entrava nel locale lì vicino, giusto a pochi passi dal bivio, si poteva osservare le pareti color legno scuro, la moquette verde, le luci offuscate, i tavoli anche questi di legno scuro e unticci al tatto. La gente fumava tranquillamente fregandosene della legge in vigore e sbevazzava birra o altri alcolici parlando a voce alta e ridendo come idioti per delle battute che non facevano ridere. Due donne avevano portato con loro le figlie che adesso volevano giocare, ma no non potevano! “No! Stai zitta! Siediti!” urlavano alle proprie figlie, mentre queste osservavano le proprie madri con occhi infuriati e si mettevano a strillare a loro volta.
Al banco un signore osservò il ragazzino che aveva appena messo la testa nel locale e gli chiese “Ti siedi o no?”. Il ragazzo, senza parlare, scosse il capo e tornò all’imbocco del bivio.
Un’altra via era bella luminosa, larga, degli alberelli verdi e ben curati, ritagliati a forma di sfera, fiancheggiavano la strada ai cui lati sorgevano dei palazzi ottocenteschi dalle pareti chiare color giallo chiaro o azzurrino, le facciate piene di capolavori, i balconi in ferro battuto di fattura straordinaria, quasi più belli delle sculture. Verso la metà della via c’era un locale, un café, entrando il ragazzo aveva tirato un sospiro di sollievo: si sentiva un silenzio interrotto solo dai bisbiglii delle persone presenti che non alzavano mai troppo la voce, la luce entrava di sghimbescio e proiettava la luce dalle finestre sui tavolini; questi erano in legno di abete chiaro, dal taglio squadrato moderno; le poltroncine in pelle nera e bianco panna, dalle linee morbide poste tutte intorno, c’era abbastanza spazio tra un tavolo e l’altro da lasciar passare due persone. L’ampio bancone in marmo bianco venato aveva la vetrina con i prodotti esposti affianco e un gentile cameriere indaffarato a ripulire le tazzine si accorse del ragazzo che sorrideva. “Ciao, in cosa posso servirti?”.
Il ragazzo chiese un caffè, si sedette al tavolo e cominciò a scribacchiare sul suo taccuino.


Veronica